jueves, 28 de diciembre de 2006

Noi? Chi?

Me parece que buena parte de lo que dice Tony Blair (*), está en relación estrecha con aquella serie todavía inconclusa acerca de Immanuel Kant, que desgranaba hace unos meses. Y cuánto le deben estas cosas dichas por Blair a lo que decía Kant, en aquellas imaginaciones sobre el reinado de una razón crítica que pusiera orden y paz en el progresado y progresista mundo de pensamiento liberal y amable que proyectaba.
Per quest'ideologia noi siamo il nemico. Ma «noi» non siamo l'Occidente. «Noi» possiamo essere musulmani o cristiani, ebrei o indù. «Noi» siamo tutti coloro che credono nella tolleranza religiosa, nell'essere aperti agli altri, nella democrazia, nella libertà e nei diritti umani garantiti da tribunali laici.

Questo non è uno scontro di civiltà; è uno scontro per la civiltà. È la vecchia lotta tra il progresso e la reazione, tra chi abbraccia il mondo moderno e chi ne rifiuta l'esistenza ? tra l'ottimismo e la speranza da un lato, e il pessimismo e la paura dall'altro.

In tutte le battaglie la prima sfida è capire con esattezza la natura di quello per cui ci si batte, e qui c'è ancora molto da fare. Mi sembra quasi incredibile che l'opinione pubblica occidentale pensi in così larga misura che l'emergere di questo terrorismo globale sia in qualche modo colpa nostra.

(...)
Lo scopo degli estremisti è impedire che quei paesi diventino delle democrazie ? non delle democrazie «all'occidentale», ma democrazie di qualsiasi genere.

(...)
In ultima istanza questa è una battaglia per la modernità. In parte dovrà essere condotta e vinta solo all'interno dell'Islam stesso. Ma ricordiamoci che l'estremismo non è la vera voce dell'Islam. Milioni di musulmani nel mondo vogliono quel che vogliamo tutti: la libertà per noi e per gli altri. Considerano la tolleranza una virtù e il rispetto per la fede altrui parte della loro fede.

Questa è una battaglia di valori e per il progresso, e deve quindi essere vinta. Se vogliamo difendere il nostro modo di vivere, non abbiamo alternative se non combattere per esso. Questo significa sostenere i nostri valori, non solo nei nostri paesi ma in tutto il mondo. Dobbiamo costruire un'alleanza globale per difendere questi valori globali e portarli avanti insieme. L'inazione è una scelta di segno politico, che ha delle conseguenze. Ed è la scelta sbagliata.

(...)
La strategia dell'estremismo islamista si basa su una presunta ingiustizia che mette gli uomini l'uno contro l'altro. In risposta dobbiamo proporre una serie di valori che uniscano la gente. Non parliamo solo di tattica militare o della sicurezza, ma di cuori e menti, della capacità di ispirare le persone, di convincerle, di mostrare che cosa rappresentano i nostri valori. Perché non ci siamo ancora riusciti? Perché non siamo abbastanza coraggiosi, coerenti, scrupolosi nel combattere per i valori in cui crediamo. (...) Dobbiamo mostrare che i nostri valori non sono occidentali, e ancor meno americani o anglosassoni, ma sono valori che appartengono all'umanità, valori universali che dovrebbero essere un diritto per i cittadini del mondo.

Schierata contro di noi c'è gente che ci odia profondamente. Ma ci sono anche molti altri che non ci odiano, e che si interrogano sulle nostre ragioni, sulla nostra buona fede e imparzialità. Sono persone che potrebbero sostenere i nostri valori, ma secondo i quali noi li applichiamo in maniera selettiva. Sono queste le persone che dobbiamo convincere. Devono capire che sono in gioco giustizia e imparzialità, oltre che sicurezza e prosperità.

Questo è il motivo per cui nell'ampia gamma dei problemi importanti, non dobbiamo prendere in considerazione solo le questioni di interesse nazionale, ma dobbiamo anche dimostrare il nostro impegno per i valori in tutto il mondo.

(...)
Mi sono solo convinto ancor di più che distinguere una politica estera guidata dai valori da una guidata dagli interessi è sbagliato. La globalizzazione genera interdipendenza e l'interdipendenza genera la necessità di un sistema comune di valori per funzionare. L'idealismo diventa, così, realpolitik. Tutto questo non esclude battute d'arresto, problemi, contraddizioni e ipocrisie che sono una conseguenza della necessità di decidere in un mondo difficile. Ma mostra anche che il meglio dello spirito umano, che ha fatto progredire l'umanità, è la miglior speranza per il futuro del mondo. Per questo dico che la battaglia è sui valori. I nostri valori sono la nostra guida. Rappresentano il progresso dell'umanità attraverso i secoli. A ogni punto di svolta abbiamo dovuto combattere per difenderli. Ora che una nuova era si sta avvicinando, dobbiamo farlo di nuovo.
Sin embargo, esto que dice aquí Blair -circunstancialmente dirigido al mundo islámico o, por mejor decir, en ocasión de algo islámico- creo que más propiamente se referirá un día al cristianismo. Y ya se refiere a él, en realidad.

¿Cuál cristianismo? Pues será aquel al que podría referirse el propio Kant con la expresión fe eclesiástica, opuesta a su fe racional.

No sé cuál será la suerte histórica del Islam. Y, aunque suene raro, no sé si es relevante en sí misma esa suerte, salvo como typo de otra cosa. Pero me parece cierto que si ha de haber una confrontación tal como la que describe Blair -y también Kant, claro-, no será en ocasión del extremismo islámico. No serán los talibanes precisamente los que se encuentren al final del otro lado del progreso o de la modernidad.

No será el Islam, en cuanto Islam, el que participe de ese modo en una batalla por eso que Blair -y Kant, claro- consideran la civilización, la modernidad.

Podría considerarse así lo de Blair -tal vez mucho más que lo de Kant, en cierto sentido- una profecía (por qué no: Balaam...); pero, en un sentido mucho menos generoso, aunque no menos místico, debería considerarse una verdadera amenaza.


(*) La versión original y completa del "ensayo". Sigo la versión italiana.